Basterebbe visitare un allevamento qualsiasi ed entrare in connessione con gli animali che vi sono rinchiusi per smettere di mangiare animali e derivati definitivamente

A pagare il costo degli allevamenti intensivi sono innanzi tutto gli animali, ai quali sono imposte situazioni di estrema sofferenza. Negli attuali allevamenti industrializzati, miliardi di animali destinati al macello sono costretti a vivere incatenati o chiusi in gabbie sovraffollate, incompatibili con le loro esigenze fisiologiche, privati della minima libertà di movimento, impediti nella pratica di istinti affettivi e sessuali, mutilati, sottoposti a costanti terapie antibiotiche ed ormonali (sia per prevenire l’esplosione di epidemie che per velocizzare la loro crescita), ad un’illuminazione ininterrotta che impedisce loro di dormire, nutriti con alimenti inadeguati, chimici e innaturali (fino ai casi delle mucche costrette al cannibalismo), costretti a respirare un’aria satura di anidride carbonica, idrogeno solforato, vapori ammoniacali, polveri varie e povera d’ossigeno.

Gli animali sfruttati in questo modo, oltre a manifestare gravi patologie organiche e psicologiche (galline che si uccidono beccandosi fra loro, cannibalismo della madre verso i piccoli fra i conigli, suini che si divorano la coda a vicenda, ecc…), subiscono menomazioni e manipolazioni genetiche.

Si tenta a volte di arginare l’aggressività degli animali, ad esempio dei maiali, mettendo dei “giocattoli” all’interno dei box, come vecchi copertoni, sui quali gli animali si possono sfogare. Così, anziché rimuovere la causa di stress si “cura” solo il sintomo, l’aggressività.

Le pecore sono, per ora, le uniche a vivere per lo più all’aperto, ma sono tosate in maniera brutale in pieno inverno, e sono costrette a sopportare i rigori dell’inverno senza la protezione naturale del loro mantello.
Gli agnellini maschi sono uccisi a poche settimane di vita, specialmente in occasione delle festività pasquali. Inoltre le pecore sono costrette a figliare continuamente, e non appena sono meno “produttive” vengono macellate.

Un momento di grande sofferenza per le pecore è quello della tosatura, durante il quale vengono maneggiate molto rudemente dai tosatori, e spesso rimangono ferite durante l’operazione. Nelle razze più pregiate viene procurata una ferita circolare attorno all’ano, in modo che con la cicatrizzazione si crei una zona che separa la lana dall’ano, e la lana non si sporchi.


I trasporti

Accade molto frequentemente che gli animali non vengano macellati nel macello più prossimo all’allevamento, ma siano sottoposti a viaggi massacranti, a volte tanto lunghi da attraversare nazioni diverse.

Gli animali sono stipati negli autocarri, senza alcuna possibilità di riposo, senza bere, senza mangiare, compresi i cuccioli. Molti di loro arrivano a destinazione in pessime condizioni, alcuni muoiono durate il viaggio.

Nel camion, se un animale cade, spesso non riesce a rialzarsi, viene calpestato e subisce fratture alle zampe o al bacino. Questi animali, se possibile ancora più sfortunati degli altri, mentre tutti vengono spinti verso il mattatoio, rimangono sul veicolo in preda a dolori lancinanti, per poi essere agganciati agli arti fratturati e trascinati fuori. Non vengono sottoposti a eutanasia – gli allevatori non vogliono perdere soldi – ma aspettano il loro turno di macellazione.

Gli animali che muoiono lungo il viaggio vengono invece buttati in un mucchio, in quella che viene chiamata la “pila dei morti”.

Il trasporto è particolarmente duro per i cavalli poiché, dato che in Italia non ne vengono “prodotti” abbastanza, i macellai si riforniscono nell’est Europa, dove i cavalli sono ancora usati, e, dopo una vita di lavoro, vengono a concludere la loro esistenza nei mattatoi e sulle tavole del nostro paese. Per motivi di profitto, gli animali vengono stipati all’inverosimile, mescolando tra loro individui ammalati, debilitati e molto giovani.

I polli, essendo di poco valore, subiscono un trattamento ancora peggiore, perché se qualcuno muore durante il tragitto, la perdita è minima. Gli autocarri vengono caricati di notte, gli operai devono caricare 25.000 animali nel minor tempo possibile, e quindi gli animali vengono trattati rudemente, lanciati di mano in mano come fossero palloni, fino a essere stipati nelle gabbie.

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La macellazione e la morte

La morte degli animali allevati è preceduta da trasporti lunghi ed estenuanti verso i mattatoi. Stipati nei camion, senza potersi muovere per molte ore e spesso molti giorni, senza poter bere o mangiare, soffrendo il caldo o le intemperie, arrivano al macello in gravi condizioni di stress, spesso così debilitati da non riuscire nemmeno ad alzarsi.

A causa della rapidità delle linee di macellazione (talvolta fino a 400 capi all’ora ognuna) spesso non sono storditi in maniera corretta e sono quindi coscienti quando viene loro tagliata la gola, quando sono scuoiati, decapitati, squartati, o quando giungono nell’acqua bollente delle vasche di scottatura.

Un operaio di un macello americano, nel corso di un’intervista, ha dichiarato che almeno il 15% degli animali muore ogni giorno “pezzo dopo pezzo”, roteando gli occhi e muovendo la testa (alcuni suoi colleghi usano protezioni da hockey per non subire gravi lesioni dagli animali agonizzanti).

Per i suini il momento del macello è particolarmente penoso, perché il numero delle uccisioni è altissimo, anche 1000 animali in una mattinata. In queste situazioni lo stordimento molte volte non viene ben applicato, e quindi gli animali vengono sgozzati, e poi gettati nelle vasche di acqua bollente, ancora coscienti. infatti, quando se ne esaminano i polmoni, molto spesso si vede che contengono sia sangue che acqua, il che dimostra che gli animali erano ancora vivi e hanno respirato acqua bollente quando sono stati gettati nelle vasche.

L’unica morte davvero indolore renderebbe necessario narcotizzare l’animale, ma questo non è possibile, perché le sue carni devono poi essere mangiate. Ma anche se esistesse un tipo di macellazione senza sofferenza, è chiaro che non sarebbe comunque accettabile, perché è l’idea stessa di uccidere un animale, come se potessimo disporre della sua vita a nostro piacimento, che è totalmente inaccettabile da un punto di vista etico.

Per quel che riguarda i pesci, possiamo dire la loro morte è ancora peggiore: muoiono asfissiati, in una lenta agonia, muta, perché non siamo in grado di sentire i suoni che emettono. A volte arrivano nei banchi delle pescherie ancora vivi a terminare la loro agonia in mezzo al ghiaccio. I crostacei e i molluschi invece finiscono bolliti vivi.

[tratto da: dalla fabbrica alla forchetta]